AUDIOREVIEW            n° 117  GIUGNO 1992

                                                INTERVISTA      A  GINO  VANNELLI
 

di Marco Fullone

Per il grande pubblico Americano, impegnato com'è con l' heavy ,il rap o il country , un personaggio  come
Gino Vannelli fa parte ormai di un periodo dimenticato ,fuori dalle mode ,troppo elegante e raffinato per
resistere agli attacchi della musica < usa e getta > .  Eppure , nonostante le classifiche  ignorino quasi
completamente il suo nome , i suoi concerti in giro per il mondo registrano sempre il tutto esaurito .
Una dimostrazione di affetto e stima da parte di un pubblico ancora legato ad una delle voci più belle degli
ultimi venti anni. Il suo arrivo in Italia ,solo due o tre date con previsioni non certo esaltanti in fatto di
affluenza, ha dimostrato che anche da noi la gente non abbandona facilmente i miti del passato, soprattutto
se il loro talento riesce ancora a regalare emozioni. Vannelli ,nella sua terra  d' origine , ha trovato entusiasmo
calore, affetto. Ho avuto il piacere di incontrarlo un paio di settimane prima del suo concerto romano del
15 Marzo 1992 . Volevo ,prima di scrivere queste righe ,testare come un personaggio schivo ,introspettivo,
profondo come lui si muovesse sul palco, si concedesse al suo pubblico. L'impatto è stato straordinario,
coinvolgente, forse contrastante con l'immagine vagamente< sdegnosa> che Vannelli sembra cucirsi addosso.
M.F.: Come mai dopo tanti album in studio hai aspettato tutto questo tempo per incidere un album live ?
G.V.:In Realtà del materiale per un disco dal vivo era già pronto tra la fine degli anni Settanta e l'inizio degli
anni Ottanta ed io supponevo che sarebbe uscito per la  A&M  Records.   Ma proprio in quegli anni lasciai
l'etichetta . Il materiale comunque si riferiva proprio ai tour degli anni Settanta . Poi quando firmai con la
Arista per realizzare l'album   Nightwalker  ebbi molti  problemi  a  livello  creativo e non volli far uscire
l'album live. Passarono quindi alcuni anni e mi resi conto cha era troppo tardi per pubblicarlo , infatti è rimasto
nel <bidone>. Poi successivamente all'uscita di Inconsolable Man ,dopo 12 anni ,decidemmo di andare in
Tour .Registrammo a Montreal uno show per la televisione . Fu favoloso al punto che decidemmo di trasferirlo
su disco.M.F.:Perchè non compare mai la tua voce tra un brano e l'altro ? Si tratta di tagli o sei uno che parla poco in concerto? G.V.: E' vero ,non ci sono i parlati perchè pensavo bastassero le canzoni . In effetti
erano un pò lunghi e ho preferito tagliarli. Forse avrei dovuto lasciarne qualcuno. M.F.: Non hai pensato di
inserire qualcosa di quei vecchi nastri ? G.V.: Li ho riascoltati pochi giorni fa per paragonarli a quelli di
Live in Montreal, il sound non era molto buono mentre la performance era notevole . C' erano Mark Craney
alla batteria .Daryl Struemer alla chitarra ,Dave Marotta al basso e Court Jones alle tastiere .Era  una  buona
band, ma ora tutto è migliorato.Sia il suono che la performance .M.F.:C' è un album della tua discografia a cui
sei particolarmente legato ? G.V.:Brother to Brother è stato il mio album più importante ,ma  non  mi è
piaciuto farlo.Stavo vivendo un periodo personale molto difficile , con una forte crisi d'identità e non fu facile
portarlo a termine .Preferivo fare album classici come Pauper in Paradise , ma la mia casa discografica ,
la A&M ,voleva che io realizzassi un disco con degli hit, un disco più commerciale ,di stampo R&B.
Lo facemmo seguendo le indicazioni della compagnia , ma fu faticoso perchè contemporaneamente io e i miei
fratelli avevamo grossi problemi con nostro padre. E' stato il mio più grande successo , ma non corrisponde
ad un buon ricordo personale . Il mio miglior materiale sta  su Gist of the Gemini, che tuttavia fu un album
difficile da realizzare.Difficile per i musicisti ,difficile per i problemi che incontrammo con i registratori
a 24 tracce . Difficile perchè l'ingegnere del suono Geoff Emmerick ,che era dello staff dei Beatles ,lavorava
20 ore al giorno , non dormiva mai e andava avanti con le droghe. Io ero costretto a bere cappuccini ogni minuto! Fu difficile finirlo ,ma il risultato fu altrettanto buono . Da questo punto di vista Storm at Sunup è il
mio preferito perchè durante le registrazioni incontrai mia moglie , della quale ero incredibilmente innamorato:
navigavo nell'aria ! Un altro album difficile da fare fu Inconsolable Man . Stavano verificandosi cambiamenti
filosofici nella mia vita .Ogni album ha una sua storia ... Black Cars fu piacevole da realizzare.  Mi piaceva il
cambiamento ,la sua semplicità ,le sue canzoni pop,il suono dei synt. E' un album spontaneo, che non facemmo
in studio ma nella casa di Joe. M.F.:Per noi tutta quell'elettronica fu però uno shock. G.V.: Lo capisco.
Ma era qualcosa di meno complicato ,meno jazzy. Ogni vero artista deve ad un certo punto cambiare , e se non
lo fa diventa matto.E' pazzesco stare in uno studio e registrare tutti i giorni le stesse cose .Ad un certo punto
senti l'esigenza di cambiare , di fare qualcosa di diverso .E' come lavorare in un ufficio ,fare un lavoro di routine
ed finalmente accorgersi di voler uscire ,di andare in vacanza .  M.F.:Una tua opinione su un fatto che
personalmente trovo scandaloso:in  nessun libro musicale  da me consultato compare il tuo nome .Perchè?
G.V.:All'inizio ero molto dispiaciuto per questo .I fatti però parlano diversamente :ho venduto dischi in tutto
il mondo e i miei concerti sono sempre strapieni. Iniziai  a  incidere dischi a  Montreal quando avevo dodici
anni e a venti avevo il mio primo album per una major come la Arista. Ora ho trentanove anni ,mi sento ancora
giovane e ispirato, sono forte e sano, ho una bellissima famiglia e voglio continuare a fare musica per altri
trent'anni.Pensa a quegli artisti che raggiungono una fama strepitosa e dopo cinque anni tutto è finito.Quando
la loro notorietà finisce pensano anche loro di essere finiti. Io ho avuto nella mia carriera punti alti e punti bassi
e questo mi ha insegnato tanto.Mi ha insegnato che la vita è fatta da alti e bassi. Perciò non mi interessa più
questa negligenza dei media nei miei confronti. Ho alle spalle dodici album e sono ancora qui!
M.F.:La tua prossima mossa ? G.V. : Verrò in Italia con il mio studio portatile per registrare un album,
probabilmente alla fine di questa estate. Affitterò una casa in Toscana e conto di rimanere per un paio di mesi.
Verranno con me alcuni musicisti  americani e forse proverò qualche strumentista Italiano.

                                                                                                                                   Marco  Fullone