IL MESSAGGERO      Giovedì           08/04/1999
 

AL PALLADIUM
Vannelli, gran ritorno all’ombra del jazz

di Paolo Zaccagnini

ROMA - Lo avevamo lasciato, alla metà degli anni Ottanta, con lo splendido album Black cars poi anni di silenzio lo
avevano sottratto al pubblico che ama l’accoppiata buona musica - magnifica. Che perdita è stata, almeno a giudicare
da quanto ha fatto sentire martedì in un Palladium stracolmo, il 42enne italocanadese, di Montreal, Gino Vannelli che non
solo non ha perso nulla della sua vocalità duttile e potente che lo ha sempre contraddistinto ma ha arricchito la proposta
musicale con una patina jazz che dà il valore aggiunto all’esibizione.
Accanto ha voluto il bassista Alain Caron e il batterista Paul Brochu, ex degli Uzeb, strepitosi, e i tastieristi David
Goldblatt e Marco Luciani, quest’ultimo anche ai sintetizzatori, il sassofonista Francois D’Amours e il percussionista Luc
Boivin, e con loro ha reinventato il repertorio quindi più che assistere a un concerto di pop raffinato e danzereccio ci si è
goduti uno show jazz venato di fusion e poco pop.
Bravo, il riccioluto Gino, non si è fatto stritolare dall’industria discografica, è andato avanti per la sua strada
dimenticandosi i milioni di dischi venduti un tempo ma la dignità, il rispetto per sè stesso e quel che si fa, la stima,
l’affetto del pubblico dopo così tanti anni di silenzio non hanno prezzo. Crazy life e Black cars danno subito l’opportunità
a Caron di cogliere la prima soddisfazione poi è il gruppo tutto, Gino in testa, a entusiasmare con If I should loose,
People gotta move, Tierras de amores, Grand cafè.
Living inside myself, vivere in me stesso, è il suo autoritratto, talmente schivo e puro da apparire proprio Persona non
grata. Racconta della sensazione che prova quando è in Italia, «sento qualcosa nelle ossa, è genetico, per questo sono
io, e i miei musicisti, a dover applaudire voi per l’accoglienza ricevuta», poi riparte con Slow love e Wild horses, la sua
voce interagisce con gli strumenti impegnati in ottimi assoli, splendido quello di Brochu. It hurts to be in love, King for a
day, Wheels of fire, rutilanti e spumeggianti, portano alla richiesta di bis. Concesso subito offrendo le storiche Brother to
brother, Stop e Stay with me. Servono a confermare il ritorno di un stella seria, di prima grandezza, Gino Vannelli.
P. Zac.