italo-canadese a Nova Gorica
Gino Vannelli azzecca il «jackpot»
Ha riletto i suoi vecchi classici tra lentusiasmo crescente
Furio Baldassi
NOVA - GORICA Ha aspettato pazientemente che gli ultimi numeri
del «Bingo» venissero estratti. Mimetizzato dietro il palco, i
riccioli sospettamente scuri per un quarantottenne, Gino Vannelli
non ha battuto ciglio. Un attimo, per consentire il cambio di
pubblico, e lauditorium-gioiello del «Perla» ha mandato
subito a referto un autentico «jackpot». Perchè
lesibizione dellitalo-canadese, sbarcato laltra
sera, un po a sorpresa, a queste latitudini, rimarrà
senzaltro agli annali come una delle vette più alte di
unestate che, musicalmente parlando, è sembrata avara di
eventi veri. In gran forma, affabile e a suo agio, Vannelli si è
divertito fin dalle prime battute a riscrivere una carriera ormai
più che trentennale, assecondato alla grande dallintero
gruppo degli Uzeb, prelevato in blocco da quella Francia che ne
ha segnato la rinascita artistica ed è diventata un po la
sua seconda patria.
Liberatosi dalla partnership familiar-musicale col fratello Joe,
Vannelli si è sentito libero di rileggere i suoi classici,
totalmente riarrangiati per non dire stravolti. Fin dalle prime
battute di «Crazy life» e «Black cars», intrappolate in una
veste jazzistica, quasi «free form», si è capito che non
sarebbe stato un concerto come un altro. Vannelli è riuscito in
unoperazione rischiosissima: riproporre delle canzoni che
ormai vanno considerate a tutti gli effetti del classici,
cambiandone completamente la struttura ma lasciando immutato il
feeling. Un po quello che, con le dovute proporzioni, sta
facendo da anni Joe Jackson.
Il risultato è qualcosa di assolutamente sensazionale. Canzoni
come «Where am I going», nate con basi dominanti di tastiere e
di chitarra, strumento questultimo neanche presente
nellensemble, hanno ripreso nuova vita, trasformandosi in
composizioni praticamente nuove di zecca, grazie soprattutto
allimpegno del bravissimo Francois Damours ai fiati.
Nellarco di due ore di concerto Vannelli, che si diverte
anche a fare il direttore dorchestra dei precisissimi
francesi, più che concentrati sulle elaborate partiture, ha
rivisto in questa maniera lenti strappaanima come «Living inside
myself» o la pirotecnica «You gotta move», anno di grazia
1974, ballate da brivido come «Wild Horses» e pezzi
simil-caraibici come «Persona non grata».
Finale pirotecnico, con continue chiamate di bis, e «Brother to
brother» a precedere nella seconda encore linvocatissima
«I just wanna stop» in un trionfo inaspettato e, dunque,
doppiamente goduto dallartista. Che, a palcoscenico chiuso,
si è concesso al lungo abbraccio di un pubblico dove triestini e
goriziani, ormai abbonati loro malgrado alle trasferte,
costituivano la stragrande maggioranza.
Furio Baldassi
Articolo tratto da IL PICCOLO di Trieste del 19 agosto 2000
Pagina Cultura e spettacolo