S.
Nicodemo, nativo di Sicrò, un antico paese della Valle delle Saline,
oggi scomparso, fondò un monastero,
che oggi porta il suo nome, vicino al passo della Limina, nello
spartiacque fra il territorio delle Saline e quello della vallata del
Torbido. S. Nicodemo è il Patrono di Mammola e in suo onore ogni anno
si celebrano 3 feste: il 12
marzo, in memoria della sua morte, il 12 maggio, in ricordo della
nascita e la prima domenica di settembre per celebrare la traslazione
delle reliquie dal monte Cellerano a Mammola, avvenuta nel 1501, in
coincidenza con l’inizio dell’anno liturgico greco-bizantino.
Nicodemo
visse nel X secolo, nel periodo del monachesimo greco-bizantino. Un suo
discepolo, che ne scrisse la vita in lingua greca, ci dice che Nicodemo
si avviò alla vita
ascetica nel celebre monastero di San Fantino di Taureana, affiato alle
cure spirituali di un anziano monaco, quando ci fu una incursione
saracena che il giovane interpretò come invito a ricercare la pace
nelle solitudini montane. Ma per diversi mesi il suo raccoglimento nelle
aspre solitudini della montagna fu turbato da innumerevoli ossessioni
diaboliche. Dopo avere combattuto contro di esse con le armi
evangeliche, cioè la preghiera e il digiuno, S. Nicodemo fondò sul
monte vicino alla Limina l’oratorio di S. Michele, che, come abbiamo
detto, poi prese il suo nome. La sua vita di grande penitenza e le sue
pratiche severamente austere, anche se circondate dal silenzio
dell’eremo, non rimasero nascoste e la fama della sua santità attirò
numerosi fedeli, i quali accorrevano per avere da lui consiglio e
conforto. Alcuni rimasero a condividere la sua vita ascetica e così
l’oratorio dell’eremo si trasformò in cenobio (forma di vita
monastica comunitaria; chi la pratica è detto cenobita).
Molti furono i miracoli del Santo, ne accenniamo
solo alcuni:
S.
Nicodemo, come in seguito alcuni secoli dopo S. Francesco d’Assisi,
dimostrò grande amore per gli animali e rispetto per la natura; S.
Francesco parlava agli uccelli e ammansì il lupo, S. Nicodemo parlava
con la cerbiatta che andava a mangiare nell’orto del monastero e con
la vipera che lo morse, ma
la difese e non permise ai soccorritori di ammazzarla; nell’
immaginario popolare S. Nicodemo viene anche accostato a S. Antonio
Abate, precursore del monachesimo orientale. Così le credenze legate al
santo calabrese traggono spunti da motivi caratteristici del monachesimo
orientale, nelle antiche canzoni popolari è definito <<lu
nimicu di lu demoniu>> . Anche nel bios l’agiografo
riferisce di episodi legati alla liberazione dal maligno: giovani
liberati dai demoni, un giovane novizio che si chiamava Basilio e
un prete del monastero di S. Elia Speleota
di nome Leonas. Il nome
Nicodemo, secondo alcune interpretazioni,
significa vincitore dei demoni, nicodaimon, oppure nicodèimos,
vincitore del popolo. Infatti, in alcuni miracoli, il santo in difesa
del suo popolo tiene testa agli invasori saraceni: nove persone, che i
Saraceni avevano rapito, non appena ebbero recitato una preghiera al
Santo, le catene che le tenevano prigioniere caddero e furono libere;
allora corsero dal loro salvatore e gli si gettarono ai piedi. Ma
Nicodemo disse, come faceva sempre: “Ringraziate non me, ma la bontà
di Dio”. Una volta anche Nicodemo
fu rapito dai Saraceni a un posto di sosta, il Santo si alzò in piedi,
stese le mani e si mise a pregare.
I Saraceni si misero a sghignazzare, ma, poco dopo, cominciarono a
litigare fra di loro con tanta ferocia da distruggersi a vicenda. In
un’altra circostanza, Nicodemo difese l’onore di una popolana,
insidiata dagli insistenti corteggiamenti di un signorotto che l’aveva
rapita; il marito della poveretta chiese aiuto al santo, che scacciato
in malo modo dal signorotto, annunciò un castigo che non tardò a
venire. Il giorno dopo, il signorotto morì all’improvviso, mentre si
accingeva a recarsi alle funzioni pasquali.
Nicodemo
morì a 70 anni, venerando per l’ascesi e la santità. Dopo essere
spirato, il suo volto si rivestì di luce, che continuò ad irradiare
anche dopo che fu deposto nel sepolcro. Le sue sante reliquie si
venerano nella chiesa Matrice di Mammola.
Oggi
si ritiene che il luogo del monastero di San Nicodemo presso la Limina,
sia quello dove sono state rinvenute le absidi antiche di una chiesa
bizantina fatta risalire all’epoca del santo, così come una vicina
grotticella dedicata a San Fantino di Taureana, oggi è comunemente
venerata come la grotta del santo. In questo luogo sacro vive da quasi
10 anni (dal 17 settembre 1995) un monaco certosino P. Ernesto, che ha
professato solennemente la sua scelta eremitica, alla presenza del
vescovo di Locri-Gerace Mons. Giancarlo Brigantini, l’11 luglio 2000.
(D. Minuto-Profili di santi nella Calabria bizantina).
P.
Ernesto, il 7 agosto 2004, è venuto in pellegrinaggio al Tempio di San
Fantino a Taureana, per pregare nel luogo dove San Nicodemo iniziò la
sua esperienza monastica e per rendere onore a San Fantino, il primo
tra tutti i santi di Calabria. I luoghi sacri di Taureana e Mammola
sono uniti nel nome di S. Fantino e S. Nicodemo anche per la presenza,
in passato, di un monastero in onore di San Fantino a Pretoriate
(località di Mammola) che richiama nel titolo il luogo sacro della
formazione monastica di Nicodemo. Ancora in un recente passato, in
occasione della festa di San Nicodemo, si era soliti ricostruire nella
piazza principale di Mammola il cosiddetto “boschetto” con piante di
leccio e abete per ricordare il monte Cellerano dove si trova il
monastero di San Nicodemo. La rievocazione prevedeva tra l’altro
un’animazione con figure di monaci seguaci del santo e altri santi,
come Fantino il Cavallaro di Taureana, che richiamavano ad episodi
salienti della vita di Nicodemo
(G. M.S. Ierace- Calabria sconosciuta aprile – giugno 1997).
La
ricerca storica condotta su San Nicodemo mi suggerisce di proporre al
Parroco e alla comunità della Parrocchia di San Fantino, un
pellegrinaggio nei luoghi di San Nicodemo presso la Limina, per
conoscere P. Ernesto e pregare insieme, i nostri comuni santi. In tale
occasione, potrebbe essere portata in pellegrinaggio la Sacra Icona di
San Fantino, e una copia di essa lasciata in dono al monastero.
Domenico Bagalà
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