16 FEBBRAIO 2000  
 
 Varapodio / Agrumicoltura, duro documento contro i politici presenzialisti

 Vincenzo Vaticano


 VARAPODIO – La grave crisi agrumicola, come già avvenuto in altri centri della Piana di Gioia Tauro-Rosarno, è approdata in consiglio comunale a Varapodio. Dopo la trattazione del primo punto all'ordine del giorno che verteva sulla nomina del nuovo componente della commissione edilizia (designato il consigliere di minoranza Antonino Papalia in sostituzione del dimissionario Antonino Floramo), i lavori dell'ultima riunione del civico consesso, infatti, sono stati in gran parte dedicati alla trattazione dello spinoso problema, con l'approvazione finale di un documento predisposto e illustrato in aula dal sindaco Orlando Fazzolari. Nel documento vengono ripercorse le varie fasi dei due anni di lotta degli agrumicoltori, iniziati nel mese di dicembre '98 evidenziando come tali manifestazioni siano state alla fine strumentalizzate da chi per riscuotere «successo personale con applausi a scena aperta», ha suscitato l'entusiasmo degli agricoltori in buona fede con i soliti discorsi: mafia, ladri, truffatori. L'unico intervento che non è piaciuto ai manifestanti, si legge, è stato quello del presidente dell'Unacoa, Carmelo Vazzana, il quale «con profondo senso di responsabilità, invece di gridare mafia, ladri, truffatori, ha cercato di spiegare ai presenti, i meccanismi comunitari, contorti, attraverso i quali l'agrumicoltura della Piana è stata messa in ginocchio». I produttori oltre ad essere presi in giro (il riferimento ed esponenti politici locali e regionali è esplicito), secondo il documento, sono stati anche danneggiati «perché i signori di cui sopra, oltre a fare promesse a tutti i livelli che non avrebbero mai potuto mantenere, invitavano i produttori a non raccogliere il prodotto, incidendo ulteriormente nella loro disgrazia e nella loro povertà, mettendoli gli uni contro gli altri creando contrasti tra tutti gli addetti ai lavori e alimentando i confitti sociali». Il documento, oggetto della delibera, continua con una lunga serie di affermazioni e considerazioni. Qualcuno, viene detto, approfittando delle discrasie del regolamento comunitario ha tratto giovamento, però dire che il settore è controllato dalla mafia è eccessivo. Tra l'altro, si aggiunge «questa continua insistenza non ha fatto che sviare la soluzione del problema in quanto il ministero più volte sollecitato a scendere in campo per porre interventi correttivi, si è fatto schermo con la questione morale, peraltro portata sempre avanti dai soliti soggetti». Il risultato è che, «dopo due anni di lotta, non si è arrivati a nessuna conclusione, aiutando il governo a lavarsi le mani, sollevandolo da ogni responsabilità, quando, invece, è noto che i mali della nostra agricoltura sono da addossare più alle scelte governative e comunitarie anziché a fenomeni sociali». E a questo proposito il documento richiama gli accordi economici con i paesi del nord Africa per la vendita di tecnologia e macchine industriali in cambio della loro unica moneta, rappresentata da prodotti agricoli concorrenziali, o, ancora, il consenso alle industrie brasiliane di esportare in Europa, con estrema facilità, il loro prodotto a prezzi stracciati determinando la mancanza di sbocchi commerciali del succo prodotto dalle industrie locali. Viene ancora sottolineato come la dichiarazione di crisi del comparto presentata dalla giunta regionale «doveva essere difesa con i denti, e invece è rimasta chiusa in un cassetto del ministero, con buona pace sia della giunta che del ministero. Il catasto agrumicolo non è partito e di piano agrumicolo nazionale e regionale non se ne parla nemmeno». Gli aiuti comunitari, si sostiene infine, dovrebbero pervenire direttamente al produttore seguendo il criterio, già collaudato, dell'olivicoltura, mentre la politica fiscale sarebbe tutta da rivedere sia nella tassazione delle rendite agrarie che domenicali.

 

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