29 GIUGNO 2009  
 
 
 

Varapodio-Oppido/E il parroco scrive alla Prefettura e al presidente del Consiglio

Oppido e Varapodio, forze unite contro la sanità "smantellata"

L'ospedale di Oppido Mamertina

 Vincenzo Vaticano


VARAPODIO - L'attuale politica dei commissari dell'Asp 5, caratterizzata da tagli pesanti e indiscriminati, sta, di fatto, mettendo a rischio l'esercizio del diritto alla salute della popolazione dell'entroterra preaspromontano e di buona parte della Piana. Il sindaco di Oppido, Bruno Barillaro e il vice sindaco di Varapodio, Orlando Fazzolari hanno ribadito tale concetto in una conferenza stampa convocata per discutere i problemi del territorio causati dagli eventi alluvionali dello scorso inverno. Hanno preannunciato che è loro intenzione intraprendere congiuntamente qualsiasi iniziativa idonea a contrastare l'attività di smantellamento delle strutture sanitarie in atto sul territorio: «Faremo una battaglia in attacco e non in difesa come fatto finora –hanno dichiarato –. Se il buon senso non prevarrà, siamo disposti a qualsiasi forma di lotta, anche la più dura».  Ed è anche il parroco di Oppido, don Benedetto Rustico – attraverso due accorate lettere indirizzate al Prefetto e al presidente del Consiglio (ed alcuni parlamentari locali) – a far presente la difficile situazione della sanità in paesi come Oppido, Delianuova, Cosoleto, Scido, Varapodio, Molochio, Santa Cristina e Terranova Sappo Minulio. «Purtroppo – scrive don Benedetto al prefetto – in tutta la Calabria esiste la stessa emergenza, ed è evidente, come spesso succede, che anche tra i poveri si facciano le guerre. Si, perché è una vera guerra nei confronti di quei cittadini che, nonostante le difficoltà che si pongono davanti alla scelta di vivere in questo territorio, decidono comunque di rimanere nel paese dove sono nati. Questa è una colpa? Ma se lo Stato, o chi per esso, ha deciso che bisogna abbandonare questi paesi, lo dica apertamente, senza costringere la popolazione ad una morte lenta ma inesorabile poichè la situazione è diventata insostenibile».  Rivolgendosi poi al premier, il sacerdote scrive: «Apprezzo il suo lavoro e la sua attenzione verso i nostri amici dell'Abruzzo, la sua operatività e determinatezza sono esemplari nell'alleviare le sofferenze della gente. Ma forse questa emergenza le ha fatto un po' dimenticare noi». E andando poi al cuore del problema aggiunge: «Siamo in stato di emergenza da quando il direttore dell'Asp 5 di Reggio Calabria, un certo "generale", usando il potere datogli dal governo (così dice) decide di chiudere il nostro ospedale, considerato dalla legge regionale vigente "ospedale di montagna", quindi fuori dalle logiche produttive, che si richiedono oggi alla sanità. Motivazione: bisogna risparmiare, e far vedere al governo che chiudiamo ospedali. È questo quello che il suo governo chiede?». La lettera, dopo tante altre riflessioni, viene conclusa da don Benedetto con il seguente appello: «Presidente, la nostra è un'emergenza pari al terremoto dell'Abruzzo e alla spazzatura di Napoli: non ci abbandoni, deludendo tutta la nostra gente che ha posto fiducia nel suo governo».

 
 

Back Home Page

Back index page