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Varapodio /
Agrumicoltura, duro documento contro i politici
presenzialisti
Vincenzo Vaticano
VARAPODIO – La grave crisi agrumicola,
come già avvenuto in altri centri della Piana di Gioia Tauro-Rosarno, è
approdata in consiglio comunale a Varapodio. Dopo la
trattazione del primo punto all'ordine del giorno che verteva
sulla nomina del nuovo componente della commissione edilizia
(designato il consigliere di minoranza Antonino Papalia in
sostituzione del dimissionario Antonino Floramo), i lavori
dell'ultima riunione del civico consesso, infatti, sono stati
in gran parte dedicati alla trattazione dello spinoso
problema, con l'approvazione finale di un documento
predisposto e illustrato in aula dal sindaco Orlando
Fazzolari. Nel documento vengono ripercorse le varie fasi dei
due anni di lotta degli agrumicoltori, iniziati nel mese di
dicembre '98 evidenziando come tali manifestazioni siano state
alla fine strumentalizzate da chi per riscuotere «successo
personale con applausi a scena aperta», ha suscitato
l'entusiasmo degli agricoltori in buona fede con i soliti
discorsi: mafia, ladri, truffatori. L'unico intervento che non
è piaciuto ai manifestanti, si legge, è stato quello del
presidente dell'Unacoa, Carmelo Vazzana, il quale «con
profondo senso di responsabilità, invece di gridare mafia,
ladri, truffatori, ha cercato di spiegare ai presenti, i
meccanismi comunitari, contorti, attraverso i quali
l'agrumicoltura della Piana è stata messa in ginocchio». I
produttori oltre ad essere presi in giro (il riferimento ed
esponenti politici locali e regionali è esplicito), secondo il
documento, sono stati anche danneggiati «perché i signori di
cui sopra, oltre a fare promesse a tutti i livelli che non
avrebbero mai potuto mantenere, invitavano i produttori a non
raccogliere il prodotto, incidendo ulteriormente nella loro
disgrazia e nella loro povertà, mettendoli gli uni contro gli
altri creando contrasti tra tutti gli addetti ai lavori e
alimentando i confitti sociali». Il documento, oggetto della
delibera, continua con una lunga serie di affermazioni e
considerazioni. Qualcuno, viene detto, approfittando delle
discrasie del regolamento comunitario ha tratto giovamento,
però dire che il settore è controllato dalla mafia è
eccessivo. Tra l'altro, si aggiunge «questa continua
insistenza non ha fatto che sviare la soluzione del problema
in quanto il ministero più volte sollecitato a scendere in
campo per porre interventi correttivi, si è fatto schermo con
la questione morale, peraltro portata sempre avanti dai soliti
soggetti». Il risultato è che, «dopo due anni di lotta, non si
è arrivati a nessuna conclusione, aiutando il governo a
lavarsi le mani, sollevandolo da ogni responsabilità, quando,
invece, è noto che i mali della nostra agricoltura sono da
addossare più alle scelte governative e comunitarie anziché a
fenomeni sociali». E a questo proposito il documento richiama
gli accordi economici con i paesi del nord Africa per la
vendita di tecnologia e macchine industriali in cambio della
loro unica moneta, rappresentata da prodotti agricoli
concorrenziali, o, ancora, il consenso alle industrie
brasiliane di esportare in Europa, con estrema facilità, il
loro prodotto a prezzi stracciati determinando la mancanza di
sbocchi commerciali del succo prodotto dalle industrie locali.
Viene ancora sottolineato come la dichiarazione di crisi del
comparto presentata dalla giunta regionale «doveva essere
difesa con i denti, e invece è rimasta chiusa in un cassetto
del ministero, con buona pace sia della giunta che del
ministero. Il catasto agrumicolo non è partito e di piano
agrumicolo nazionale e regionale non se ne parla nemmeno». Gli
aiuti comunitari, si sostiene infine, dovrebbero pervenire
direttamente al produttore seguendo il criterio, già
collaudato, dell'olivicoltura, mentre la politica fiscale
sarebbe tutta da rivedere sia nella tassazione delle rendite
agrarie che domenicali. |
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