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Taurianova-Varapodio /
Chiuse le indagini a carico degli amministratori comunali
Sindaci
ineleggibili, 22 indagati per abuso d'ufficio e altri
reati
Un capo
d'imputazione è legato al mancato recepimento della
diffida del prefetto che invitava a prendere atto della
sentenza di primo grado
Domenico
Zito
TAURIANOVA - Si sono concluse le indagini nei confronti di
sindaci e consiglieri comunali di maggioranza di Taurianova
e Varapodio per la vicenda della violazione del limite di
terzo mandato amministrativo consecutivo. Le operazioni
elettorali risalgono al giugno scorso per quanto riguarda
Taurianova, dove si dovette procedere al ballottaggio,
mentre l'elezione del sindaco di Varapodio è avvenuta nelle
consultarzioni del 28 e 29 maggio scorsi.
I relativi provvedimenti sono stati notificati dai
carabinieri della compagnia di Taurianova, i quali, sotto il
coordinamento del procuratore aggiunto della Repubblica di
Palmi dott. Bruno Giordano, hanno svolto le indagini.
Rispetto a quanto paventato negli avvisi di garanzia che
erano stati inoltrati agli inizi di settembre, il quadro
accusatorio si presenta ancor più critico per Rocco Biasi,
Orlando Fazzolari (sindaci rispettivamente di Taurianova e
Varapodio) e le altre ventidue persone sottoposte ad
indagine.
La Procura della Repubblica, infatti, oltre all'abuso
d'ufficio prospettato sin dall'inizio ravviserebbe, secondo
quanto emerso, anche altre due ipotesi di reato: usurpazione
di pubbliche funzioni e il rifiuto d'atti di ufficio.
Quest'ultimo è collegato al mancato recepimento della
diffida che il prefetto aveva inviato lo scorso agosto ai
consiglieri comunali di entrambi i centri per prendere atto
della sentenza di primo grado del Tribunale di Palmi, con la
quale veniva accolto il ricorso della stessa Prefettura e i
due primi cittadini erano stati dichiarati decaduti dalla
carica e ineleggibili.
Tuttavia, né il consiglio comunale di Varapodio prima, né
quello di Taurianova dopo, avevano preso atto dell'istanza
prefettizia. Anzi, in quest'ultima città si era ricorsi,
proprio per evitare ulteriori "problemi", al voto segreto.
Un escamotage che però non solo non è servito ad evitare
ulteriori profili di responsabilità ma, secondo quanto
riferito, sarebbe costato pure la denuncia dei funzionari di
segreteria comunale, che hanno presenziato alle rispettive
riunioni, per rifiuto d'atti d'ufficio in relazione al
mancato parere circa la regolarità delle delibere. A tal
proposito gli indagati sostengono che, trattadosi di
sentenza di primo grado, non immediatamente esecutiva, non
erano tenuti a prenderne atto.
È bene precisare che l'esame più approfondito delle varie
situazioni personali dei consiglieri fa emergere piccole
sfumature differenti tra i ventidue indagati, dal momento
che qualche consigliere non ha preso parte ad entrambe le
votazioni "incriminate", quella di convalida degli eletti e
l'altra, più recente, di mancato recepimento della diffida
prefettizia.
Adesso le persone sottoposte ad indagine hanno 20 giorni di
tempo per contro dedurre, dopodiché la Procura potrà
richiedere l'eventuale rinvio a giudizio. La notizia non
mancherà, come già quella per gli avvisi di garanzia, di
suscitare interesse anche in ambito nazionale in quanto
nelle altre realtà coinvolte nella vicenda del terzo
mandato, l'aspetto penale non è stato sinora affrontato.
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